PHASER
Nato per simulare la sonorità del Leslie rotary speaker, l’effetto phaser, o phase shifter, è il risultato che si può ascoltare quando, sovrapponendo il segnale diretto ad un duplicato identico dello stesso segnale processato, si ottiene il rinforzo (peak) o la cancellazione (notch) periodica di alcune frequenze armoniche. Come nel delay, il segnale viene dunque splittato (diviso) in due, una parte rimane dry (cioè corrisponde al segnale originale), l’altra diventa wet, ovvero vien fatta passare per vari stadi di un filtro detto All Pass Filter (APF, filtro passa tutto), questo circuito fa passare tutte le frequenze, sia le alte che le basse, ma ne modifica le relazioni di fase (ovvero i rapporti tra le armoniche del segnale, soprattutto su quelle più acute). Quando i due segnali, il dry e il wet, si ricongiungono in uscita, sono sfasati tra loro ovvero le onde non coincidono più creando così una nuova più complessa forma d’onda. Queste differenze di fase tra le due onde vengono misurate, in relazione con il periodo dell’onda, in gradi da 0 a 360: a 0 gradi (o 360) le onde sono in fase (il segnale totale è rinforzato e aumenta l’intensità, il volume, ma non c’è effetto); a 180 i segnali sono completamente fuori fase, due onde contrapposte, e si annullano a vicenda (cancellazione di fase). Quando invece i due segnali sono fuori fase di 90 gradi (ed è il valore medio di sfasamento che il filtro all pass determina agendo sul segnale) abbiamo la base dell’effetto phasing: alcune armoniche vengono cancellate (vanno fuori fase) e altre rinforzate (vanno in fase). Naturalmente salendo verso 180 o scendendo verso 0 abbiamo tutti i gradi intermedi che agiscono in modo diverso, cancellandole o rinforzandole, sulle varie armoniche presenti nel suono. La sonorità dell’effetto si può poi complicare aggiungendo vari stadi (stage) di soppressione o esaltazione delle armoniche costituiti da ulteriori filtri All Pass.
Il risultato di questo tipo di filtraggio viene definito a pettine (comb filtering) a causa dell’immagine grafica che ne deriva dove i denti del pettine sono relativi alle cancellazioni di fase. Più stadi vengono aggiunti, più numerosi saranno i denti del pettine.
Ma se la differenza di fase rimanesse fissa avremmo un effetto poco espressivo, statico. È la presenza dell’oscillatore, o modulatore, a bassa frequenza (il solito LFO, già incontrato nella descrizione dell’auto-wha dove modulava però l’ampiezza delle frequenze medie dell’onda, in quella del vibrato dove modulava la frequenza e in quella del tremolo dove modulava l’ampiezza totale), che variando ciclicamente la differenza di fase dei filtri all pass (spostando quindi i picchi e le cancellazioni di frequenza), crea il tipico suono phasing (una specie di calda risonanza spaziale modulata). Similmente al delay il phaser contempla inoltre anche l’opzione feedback, un processo che mette in loop il segnale e che porta a dei picchi di intensità sulle alte frequenze, donando all’effetto una risonante amplificazione.
I principali parametri del phaser sono:
- Depth/Amount/Intensity (profondità/quantità/intensità), stabilisce l’ampiezza della modulazione prodotta dall’oscillatore LFO.
- Rate/Speed (frequenza/velocità), stabilisce la velocità di variazione delle differenze di fase, più è veloce e più si avvicina all’effetto movimentato del Leslie rotary speaker.
- Feedback/Resonance/Color (retroazione/risonanza/colore), definisce la quantità di segnale da reinviare ai filtri e intensifica l’effetto sulle frequenze acute.
Malgrado le diciture dello switch che segnalavano effetti di chorus e vibrato (comunque parenti del phaser), il primo pedale phaser a larga diffusione fu, dal 1968, lo Shin-ei Univox Uni-Vibe (ora prodotto dalla Dunlop) che contribuì, accompagnato da un pedale di espressione, in piena era psichedelica e fino alla metà degli anni Settanta, a rendere unica la sonorità di grandi chitarristi come Jimi Hendrix, Robin Trower e David Gilmour.
Un’altra incarnazione dell’Univox Uni-Vibe fu il Roto-Vibe: stesso effetto ma con diverso nome (tutti oggi fedelmente riprodotti dal Classic Vibe CV-2).
Al capostipite di tutti gli effetti elettronici di modulazione seguì ben presto, dal 1971, il futuristico Maestro PS-1 Phase Shifter, concepito per Gibson dal geniale Tom Oberheim, sempre nel tentativo di emulare il seminale suono del Leslie rotary speaker.
Altri importanti phaser sono il classico (1974) Electro-Harmonix Small Stone;
la serie Phase (45, 90, 100, etc.) della Mxr caratterizzata, almeno per i modelli 45 e 90, per il minimalismo dei controlli;
sempre da inserire nella categoria dei phaser classici, anche per la sua semplicità d’uso, abbiamo, dal 1978, il Ross Phaser; da citare il moderno Boss PH3 Phase Shifter al quale si può abbinare un pedale di espressione che permette di variare a piacere la velocità della modulazione e il Roland Jet Phaser una curiosa scatola a pedale vintage anni Settanta che combinava il phaser con il fuzz (cosa giusta ed appropriata)! Segnaliamo poi dall’Italia l’efficace Brown Phase della Burn Fx.
Spesso, data la comunanza (ritardo, LFO, feedback), è facile trovare riuniti in un’unica scatoletta digitale il phaser, il flanger e il chorus, è il caso del versatile Soundblox 2 Orbital Modulator, una specie di multieffetto della modulazione (contiene infatti anche il tremolo e il vibrato).
Il phaser non ha avuto solo, come abbiamo visto, un’influenza decisiva nel sound chitarristico, ma è stato molto usato per colorare tastiere, batterie e naturalmente il basso elettrico, dal rock di Dancing In The Moonlight al soul-funk, con l’epocale linea di For The Love Of Money suonata dal grande Anthony Jackson (con il Maestro PS-1).