Il basso moderno
Finiamo con il cognome: ELETTRICO.
Quando nel 1951 Leo Fender presenta in sordina il primo Precision, accompagnato dal suo bravo amplificatore, il mitico combo Bassman, libera il bassista da tre schiavitù: quella del volume basso, quella delle dimensioni e quella della mancanza di precisione nell’intonazione, ovvero tutte le problematiche legate al contrabbasso. All’alba del rock ’n’ roll e dell’era della televisione il basso diventa elettrico, comodo e versatile, con un suono gestibile attraverso il processo di amplificazione e modificabile a livello di equalizzazione ed effettistica.
Abbiamo visto come il basso elettrico condivida la sua funzione principale con altri strumenti dal registro simile, nell’ascoltare gli esempi musicali appare evidente quali sono gli ambiti musicali in cui il basso elettrico gioca un ruolo minore o è del tutto assente: la classica, il jazz delle origini e classico, la musica etnica in generale.
Tutti i generi in cui è protagonista sono quelli nati nel secondo dopoguerra, periodo contraddistinto da un notevole sviluppo tecnologico in tutti i campi, compresi quelli della diffusione e della registrazione del suono e della liuteria.
Possiamo immaginare il reggae senza il profondo pulsare del basso? Il soul, il funk, la disco sono praticamente basati sul suo sound.
Anche nel jazz moderno, che ha preso l’ambiguo nome di fusion, il basso elettrico rivendica un ruolo fondamentale, basta fare il nome di Jaco Pastorius, Marcus Miller o Alain Caron. Non esiste, infine, un gruppo rock o rock blues che non abbia alle sue spalle un solido bassista elettrico (a parte i primi Doors naturalmente che avevano nel tastierista Ray Manzarek un ottimo bassista!) impegnato, come al solito, a fornire la base ritmico-armonica necessaria.
La musica elettronica e il computer hanno a loro volta in parte spodestato il basso elettrico dal trono delle basse frequenze, le sonorità sintetiche degli ultimi tre decenni sono lì a dimostrarlo. Considerando però le possibilità offerte dall’effettistica insite nella sua natura elettrica, nell’ambito del fondamento armonico-ritmico il basso elettrico rimane, a nostro parere, la migliore sintesi tra tradizione e ricerca.