Premessa
Gli effetti possono essere classificati in modi diversi a seconda della loro funzione o della modalità di trattamento del segnale. È un argomento su cui regna in realtà un po’ di confusione, cercando di mettere un po’ d’ordine possiamo dire che gli effetti in un modo o nell’altro vanno (ovviamente) a modificare i parametri e le caratteristiche del suono:
- l’intensità o ampiezza dell’onda (effetti di dinamica/volume/guadagno/durata);
- il timbro, ovvero l’intensità e la durata degli armonici ma non solo, tutti i parametri a loro volta influenzano il timbro (effetti di equalizzazione eq/filtri, ma anche tutte le altre tipologie naturalmente);
- l’altezza o frequenza (effetti di modulazione e pitch shifting);
- l’attacco, la durata e il rilascio (compressori, distorsori, effetti di ritardo, etc.);
- l’interazione del suono con l’ambiente in cui è prodotto (riverberi e eco);
- inoltre si definiscono effetti di modulazione tutti quei dispositivi che permettono di modificare il suono attraverso oscillatori che provocano variazioni periodiche della frequenza (vibrato), dell’ampiezza dell’onda (tremolo), della fase (phaser) o del tempo di ritardo (chorus e flanger);
- infine ci sono da considerare anche gli effetti di spacing legati alla gestione della stereofonia.
È chiaro che tutti questi elementi possono andarsi a incrociare tra loro rendendo molto complicato dividere gli effetti in categorie specifiche. Ho tentato l’insana impresa di ordinare gli effetti e li ho quindi raggruppati in tre grandi famiglie che possono poi suddividersi in ulteriori sottogruppi al loro interno: DINAMICA, RITARDO e MODULAZIONE.