Asia Bass
Dopo una prima fase, quella degli anni Sessanta e Settanta, in cui le repliche giapponesi non interessarono il mercato a causa della scarsa qualità della produzione (con la rimarchevole eccezione, a partire dai primi Settanta, degli strumenti della Greco/Fujigen, oggi ricercati per l’alto livello della manifattura delle repliche dei marchi Fender e Gibson, non per caso nel 1981 la FujiGen ottenne il contratto per produrre con il marchio Fender Japan) durante gli anni Ottanta, in concomitanza con la caduta del dollaro, ci fu un’esplosione della liuteria industriale giapponese (e infatti chi fra noi bassisti che studiava in quel periodo non ha iniziato con uno strumento proveniente dall’Asia?). Ibanez, Yamaha, Aria furono le marche che avendo assimilato i principi più all’avanguardia della costruzione dei bassi elettrici, come pickup attivi, manico neck-through body, bassi a 5 e 6 corde, conquistarono con successo il mercato fornendo strumenti di qualità a prezzi contenuti.
Nel 1979 debuttò la prima serie di successo di un marchio giapponese: la Musician dell’Ibanez. Una sorta di Alembic economico, neck-through body, pickup attivi, finitura naturale, il modello con due magneti venne utilizzato largamente da Adam Clayton nella prima parte della carriera degli U2 (periodo riccio ossigenato…), ma fu conosciuto al grande pubblico soprattutto grazie alla versione fretless che Sting sfoggiava durante i concerti dei Police nel 1979.
Anche l’Aria Pro II SB1000, imbracciato da John Taylor dei Duran Duran e Cliff Burton dei Metallica, contribuì alla credibilità degli strumenti giapponesi.
Insieme all’Ibanez, la Yamaha è sicuramente una delle compagnie più importanti per quel che riguarda la produzione di bassi elettrici, celebre la sua serie BB che cominciò la produzione nel 1978 e che condusse nel 1984 alla realizzazione del BB 5000, portato all’attenzione del pubblico da Nathan East.
Dal punto di vista dei bassi industriali la Yamaha ha pochi rivali, ne è un esempio il 6 corde sponsorizzato da John Patitucci.
Un altro modello della Yamaha molto economico ma ottimo strumento per cominciare (e non solo), sul quale si è formata una generazione di bassisti all’alba nuovo millennio, è l’RBX 170, con la sua tipica configurazione dei pickup P/J.
Alla economica serie RBX ha fatto seguito l’ottima serie TRBX, di fascia di prezzo più alta.
Dopo il Giappone seguirono gli altri paesi, in primis la Corea del Sud con la Cort.
Come ricorderete questa azienda cominciò a farsi un nome nel campo del basso elettrico con la riproduzione dello Steinberger, nel tempo ha consolidato la sua credibilità producendo bassi di una certa qualità a prezzi più che accessibili, come ad esempio l’A5 della serie Artisan, un neck-through body con magneti Bartolini.
Alla Corea non tardarono ad aggiungersi altri importanti paesi orientali come l’Indonesia (che si distingue per la cura della produzione) e la Cina.
Infine il fenomeno della delocalizzazione colpì anche il mercato della liuteria elettrica bassistica, grandi marchi, dalla Fender (sotto il marchio Squier by Fender già dal 1982) alla Tobias (con il nuovo brand Michael Tobias Design, MTD), cominciarono a produrre, sotto le direttive delle case madri, versioni economiche dei loro strumenti in Giappone, Corea, Indonesia, etc.